Di quella mattina ricorderà per sempre le urla strazianti dei genitori,
la concitazione, i carabinieri che arrivano, la morte di Giovanna
Fatello: la bambina di 10 anni entrata in sala operatoria per un
intervento di routine, uccisa da anomalie, negligenze, irregolarità.
Maria Rollo è una delle testimoni chiave dell'inchiesta sul decesso
della piccola. Sorella della titolare del bar interno alla Casa di cura
Villa Mafalda, sabato 29 marzo 2014 era dietro il bancone a servire i
clienti di una giornata scarsamente affollata. E ha ben chiaro che,
pochissimo tempo dopo l'ingresso in sala operatoria della giovane
paziente per un semplice intervento di timpanoplastica, l'anestesista
che avrebbe dovuto vegliare sul buon andamento del suo “sonno”, era a
prendere il caffé con due amiche, e si è trattenuto all'interno del
locale per più di mezz'ora.
Maria è stata sentita dai carabinieri a luglio scorso, dopo che
l'inchiesta sul drammatico decesso aveva preso una strada diversa. Si è
parlato di una malformazione, di un problema legato alle allergie.
Ma la verità, giorno dopo giorno, è cambiata totalmente. Davanti allo
strazio di Valentina Leoni e di Matteo Fatello, genitori che non sanno
darsi pace, e di dichiarazioni che hanno sempre fatto acqua da tutte le
parti, il pm Mario Ardigò ha delegato indagini, ha chiesto la
ricostruzione dei tabulati telefonici, e il risultato è totalmente
diverso da quello ipotizzato inizialmente: Giovanna sarebbe morta per un
problema di ossigenazione e ventilazione, gli anestesisti avrebbero
dimenticato di azionare una levetta che attivava il giusto meccanismo di
scambio. E questo sarebbe avvenuto perché il dottor Dauri era al bar e
il suo sostituto, da pochissimo tempo frequentatore della clinica, non
sarebbe stato in grado di azionare tutto regolarmente, perché non
conosceva la macchina. Inutile la chiamata dalla sala operatoria per
chiederne il ritorno immediato. Ormai la situazione era senza rimedio.
LE CAUSE
Il pm nella richiesta di incidente probatorio, durante il quale verrà
raccolta una testimonianza importante per l'inchiesta, conferma: «La
morte avveniva dopo l'allontanamento ingiustificato dell'anestesista
Dauri e in presenza di un altro anestesista non componente dell'equipe
operatoria, il dottor Francesco Santilli, che non gestiva correttamente
le vie aeree della paziente mediante l'apparato per anestesia Drager
Fabius, non monitorava l'efficienza della ventilazione meccanica dopo
averla avviata e non verificava visivamente lo stato di Giovanna Fatello
per rilevare tempestivamente un eventuale stato di cianosi della pelle e
delle mucose, indicativo di difetti di ossigenazione e di ventilazione,
derivandone un arresto cardiaco in asistolia conseguita e progressiva
ipossia per un tempo di alcuni minuti, tra le ore 9,40 e le ore 9,50».
Ma non è tutto, perché, oltre alle gravi negligenze mediche, ne
sarebbero state messe in piedi molte altre, nel tentativo di limitare i
danni di un simile disastro. Il pm ritiene che la cartella clinica sia
falsa, che attesti la morte della bambina alle 13,40 mentre sarebbe
morta tre ore e mezza prima. Che la macchina per l'ossigenazione non
fosse perfettamente funzionante, così come rilevato in precedenza da un
altro medico. Che qualcuno del personale infermieristico e uno degli
anestesisti lavorassero “in nero”, come il dottor Santilli già
dipendente dell'ospedale di Rieti, la cui presenza in sala operatoria
non è stata indicata sulla cartella clinica. Nei suoi riguardi e sulla
sua partecipazione “fantasma” ai tentativi di rianimazione della piccola
si aggiunge anche un'indiscrezione, altrettanto grave, che è stata
riferita agli inquirenti da una fonte confidenziale: qualcuno ha parlato
di duecentomila euro che gli sarebbero stati dati sottobanco affinché
si assumesse tutta la responsabilità della vicenda. Una accusa sulla
quale non sono stati trovati riscontri, anche se le indagini continuano.
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