Al termine dell'incontro con i rappresentanti del governo i segretari di
Cgil, Cisl e Uil sorridono. Dopo mesi di polemiche, finalmente
organizzazioni dei lavoratori e esecutivo si sono seduti allo stesso
tavolo per discutere di pensioni. Il confronto in realtà non è entrato
nel merito anche perchè ogni misura verrà inserita nella legge di
stabilità in autunno. Però il ministro del Lavoro Poletti ha confermato
che l'obiettivo è un intervento di aiuto per le pensioni minime e
l'introduzione di una maggiore flessibilità in uscita dal lavoro.
Su quest'ultimo punto, l'esecutivo intende proporre soluzioni diverse a
seconda delle situazioni. In pratica, il lavoratore che volontariamente
decide di anticipare l'uscita dovrebbe subire una penalizzazione annua
sull'assegno di pensione vicina al 4%. Discorso diverso, invece, per chi
è disoccupato o occupato in aziende in crisi: uscendo dal lavoro in
anticipo potrebbe subire una penalizzazione più bassa. L'uscita
anticipata verrebbe comunque consentita solo a chi mancano tre anni per
raggiungere l'età di vecchiaia (la classe dei nati negli anni 51-53 per
il 2017). Quel che è certo, come ha detto il premier, è che «chi va in
pensione prima dovrà rinunciare a qualcosa». Il meccanismo meno oneroso
per i conti dello Stato e dunque più probabile rimane quello del
prestito con l'intervento del sistema bancario e di quello assicurativo.
Sul tappeto, poi, ci sarebbe anche l'ipotesi di un intervento per
rendere meno oneroso il riscatto della laurea. In tal caso si andrebbe
prima in pensione, ma con meno contributi e quindi con un assegno più
leggero.
Sulle pensioni minime, invece, il governo non si è sbilanciato. Da tempo
si ipotizza l'estensione a questa categoria di pensionati del bonus di
80 euro già previsto per i lavoratori dipendenti con redditi fino a
26.000 euro l'anno. L'intervento sarebbe però molto costoso dato che i
pensionati che prendono cifre inferiori al trattamento minimo (502 euro)
sono circa due milioni e le casse statali dovrebbero sostenere un peso
di almeno due miliardi l'anno. Nonostante dunque la sostanza degli
interventi non sia stata ancora chiarita, i sindacati hanno apprezzato
le aperture del governo al dialogo. «Dopo anni il governo ha accettato
di aprire un confronto su temi come lavoro e previdenza - ha
sottolineato il segretario Cgil Susanna Camusso - Nei prossimi incontri
misureremo anche se il confronto si traduce in un'effettiva
disponibilità a costruire soluzioni oppure si limita all'ascolto».
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